sabato 27 luglio 2024

La legge dell’ammiragliato

 La legge dell’ammiragliato (o Diritto marittimo) è un corpo di leggi che disciplina le questioni nautiche e le controversie marittime tra individui. Si tratta di un sistema legislativo, praticamente sconosciuto dalla maggior parte delle persone, visto che non solo viene applicato per trattare questioni di pirateria marittima, ma anche per preservare tutte le corporazioni mondiali della Cabala. Tale sistema di leggi è considerato come “la legge del possesso” per antonomasia, in quanto stabilisce che tutto ciò che si trova “in mare” diventa proprietà di chi lo abbia trovato, cosa molto comune in un pianeta dominato dalle acque. Per lo stesso principio, tutto ciò che si trova sul territorio di ciascuna corporazione diventa entità di proprietà della corporazione, ed è solo ad essa che deve rispondere, ovvero alla volontà della stessa cabala. Una delle caratteristiche della legge dell’ammiragliato (che domina le istituzioni degli Stati, tra cui i tribunali) sono le frange dorate sulle “bandiere diplomatiche”: sia nei tribunali, sia dietro ogni presidente o primo ministro, infatti, si vedono sempre le bandiere con queste frange, che sono il segno distintivo della legge marittima. La bandiera con le frange dorate sta proprio a significare che lo Stato amministra la Repubblica secondo la legge della corporazione globale.

Tutto questo, che è secondo il linguaggio della corporazione, è sconosciuto non solo all’uomo comune della strada ma perfino a parte della magistratura, sia italiana che internazionale. Non sono eccezioni quando Donald Trump, colui che ha smantellato la corporazione Washington D.C. (la scritta D.C. non esiste più sulle mappe), spesso si sia fatto fotografare mentre abbracciava le bandiere senza frange! Perfino le truppe degli Stati, come ad esempio quelle dello stato italiano e quelle statunitensi, hanno la frangia dorata attorno alla bandiera delle loro uniformi, cosa che sta ad indicare che gli eserciti sono anch’essi di proprietà delle corporazioni, anche se moltissimi ufficiali non lo sanno. Non è cosa strana il poter ammirare le bandiere con le frange dorate pure nell’aula della Corte Costituzionale dello stato Italia. È evidente che lo stato profondo ha sempre avuto il vizio di disapplicare astutamente e segretamente le costituzioni degli Stati. A tale scopo la cabala ha creato dapprima le corporazioni, poi i superstati, per giungere al risultato finale del loro governo unico globale. La legge dell’ammiragliato è stata ed è tuttora uno degli strumenti per i maneggi che la cabala usa al fine di raggiungere il suo scopo.

(Fonte: https://www.laveritarendeliberi.it/sistema/)

 

 

 

 

 

giovedì 18 luglio 2024

un GUAIO per von der Leyen

 "Irregolari i contratti per i vaccini anti-Covid", Tribunale Ue inguaia von der Leyen

I giudici europei annullano le decisioni di Bruxelles di mantenere il segreto su molte  sezioni degli accordi con le case farmaceutiche: "Clausole su indennizzi e nomi dei negoziatori vanno resi pubblici".  I contratti sottoscritti dalla Commissione europea per l'acquisto di vaccini contro il Covid-19 contengono delle irregolarità.  La decisione di Bruxelles di secretare diverse sezioni di questi contratti, come quelle relative alle responsabilità delle case farmaceutiche per eventuali danni derivanti dalla somministrazione dei vaccini, deve  essere annullata e le parti secretate devono essere pubbliche. Lo ha deciso il Tribunale Ue, che con due sentenze ha accolto in parte i ricorsi presentati da un gruppo di  eurodeputati e cittadini, condannando-  Bruxelles al pagamento delle spese legali. Un grosso guaio  per la principale artefice dei contratti dei vaccini contro il Covid, Ursula von der Leyen,   

Il caso era stato portato avanti da un gruppo di eurodeputati dei Verdi e da dei cittadini, che avevano presentato richieste per ottenere l'accesso ai contratti sui vaccini, in particolare quello con Pfizer, e ad alcuni documenti correlati per comprendere l'accordo tra la Commissione e i produttori di vaccini contro il Covid-19. La Commissione, spiega il Tribunale, "ha concesso solo un accesso parziale a tali documenti, che sono stati messi in rete in versioni oscurate", giustificando tale decisione alla luce della necessità di tutelare gli interessi commerciali delle case farmaceutiche. Una giustificazione che il Tribunale Ue contesta: gli omissis sono irregolari e pertanto vanno annullati. "Per quanto riguarda le clausole dei contratti relative all'indennizzo delle imprese farmaceutiche da parte degli Stati membri per eventuali risarcimenti che esse dovrebbero pagare in caso di difetto dei loro vaccini, il Tribunale sottolinea che il produttore è responsabile del danno causato da un difetto del suo prodotto e la sua responsabilità non può essere soppressa o limitata, nei confronti del danneggiato, da una clausola esonerativa o limitativa di responsabilità", si legge in una nota del Tribunale. "La Commissione non ha dimostrato che un accesso più ampio a tali clausole avrebbe effettivamente arrecato pregiudizio agli interessi commerciali di tali imprese", spiegano i giudici. Allo stesso tempo, "la Commissione non ha fornito spiegazioni sufficienti che consentissero di capire in che modo l’accesso alle definizioni di 'dolo' e di 'ogni ragionevole sforzo' in taluni contratti e alle clausole dei contratti relative alle donazioni e alle rivendite dei vaccini avrebbe potuto arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio a tali interessi commerciali". Altro omissis da parte di Bruxelles ha riguardato i nomi dei funzionari Ue che hanno condotto i negoziati con le case farmaceutiche. La Commissione aveva giustificato tale scelta spiegando di voler tutelare la privacy degli interessati ed evitare conflitti di interesse. Ma per il Tribunale, è proprio consentendo al pubblico di accedere a questi dati (cognomi, nomi e ruolo professionale o istituzionale) che si sarebbe potuto vigilare meglio su eventuali conflitti di interessi. La Commissione europea ha replicato con una nota alle sentenze sottolineando di aver "dovuto trovare un difficile equilibrio tra il diritto del pubblico, compresi i deputati al Parlamento europeo, all'informazione e gli obblighi giuridici derivanti dai contratti" sui vaccini anti Covid-19, "che avrebbero potuto comportare richieste di risarcimento danni a spese dei contribuenti". L'esecutivo Ue rivendica il rispetto "dei principi di apertura e trasparenza" e "esaminerà attentamente le sentenze", riservandosi "le proprie opzioni legali", conclude la nota. 

venerdì 12 luglio 2024

Conferenza«In Svizzera la mafia c’è e investe i suoi soldi»

 Conferenza: «In Svizzera la mafia c’è e investe i suoi soldi».

«Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia». Attorno a questa famosa citazione di Giovanni Falcone è ruotata la conferenza «Tracce della criminalità organizzata in Ticino tra passato e presente – Primo convegno dell’Osservatorio ticinese sulla criminalità organizzata (O-TiCO)» tenutasi giovedì 16 settembre, all’Aula Magna del Campus Ovest dell’USI a Lugano.

L’incontro, moderato da Francesco Lepori, giornalista e responsabile operativo dell’O-TiCO, è stato aperto dalla professoressa Federica de Rossa, direttrice dell’Istituto di diritto dell’USI, con un’esortazione a seguire un’educazione alla legalità. Necessaria per lottare efficacemente contro l’erosione criminale della società: «Serve una crescita culturale collettiva che induca nei cittadini un rigetto delle dinamiche mafiose». Ha poi sottolineato come, purtroppo, il fenomeno della mafia tocchi da vicino anche il nostro Cantone. «Serve la consapevolezza per la lotta». E in questo è importantissimo il ruolo dell’Osservatorio.

Il nuovo volto delle mafie

Si è trattato poi il tema dell’evoluzione delle mafie, condotto dalla professoressa titolare dell’USI Annamaria Astrologo, responsabile scientifica dell’O-TiCO. La mafia è cambiata, ha spiegato, nel senso che è difficile al giorno d’oggi comprendere e fotografare cosa significhi, poiché si esprime in modi diversi. Citando l’esempio di “Mafia Capitale”, l’inchiesta del 2014 nella quale era emerso come la mafia fosse in grado di condizionare le gare degli appalti pubblici di Roma, Astrologo ha sottolineato anche la difficoltà che si incontra nell’individuazione del reato: non sempre si riesce a far riconoscere la componente dello «stampo mafioso» nel reato di associazione a delinquere. È la sottile differenza che c’è tra agli articoli 416 (associazione per delinquere) e 416bis (associazione di tipo mafioso) del Codice penale italiano. La professoressa ha proseguito spiegando che, a livello giuridico, per caratterizzare lo stampo mafioso non si guarda la finalità, dal momento che alcune finalità possono essere lecite. Come ad esempio l’acquisizione o la gestione di attività perfettamente legali o le gare di appalti. «È il metodo che caratterizza: lo stampo mafioso c’è quando c’è il metodo mafioso». Secondo la professoressa Astrologo ci sono dei punti chiave: che la capacità intimidatrice abbia un riscontro esterno, che questa forza di intimidazione derivi dal gruppo e non dal singolo associato, e che questa non vada necessariamente a minacciare l’integrità fisica. Un punto molto importante. Vengono considerate infatti anche le lesioni dei beni economici: «Limitare condizioni economiche e lavorative, minacciare di escludere dalle gare d’appalto, mettere a rischio un posto di lavoro. Siamo fuori dagli stilemi classici». La relatrice, a questo proposito, ha attirato l’attenzione sulle nuove forme che sta assumendo il crimine organizzato: la cosiddetta «criminalità dei colletti bianchi: si tratta di un mondo di mezzo, dove i confini tra sfera legale e sfera criminale sono opachi». Bisogna fare attenzione, ribadisce, alla corruzione, ai ricatti che falsano la concorrenza, a quest’area grigia: non c’è più la criminalità che spara. Una forma di criminalità più silenziosa ma che si insinua molto facilmente.

Attenzione, la mafia arriva ovunque

E su questo tema è intervenuta Alessandra Cerreti, Pubblico Ministero della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, mettendo l’accento sulla pericolosità e sul silenzioso insediarsi delle nuove forme di criminalità organizzata, riferendosi in particolare alla ‘ndrangheta, «la più temibile al momento». Esortando le persone a non cadere nel tranello della sindrome NIMBY: Not In My Back-Yard, letteralmente «non nel mio cortile», ovvero la tendenza a pensare che un fenomeno non ci riguardi perché «da noi non è possibile che accada». Infatti, ha spiegato Cerreti, questa ramificazione tocca anche il nostro territorio. «La mafia è più pericolosa della criminalità comune, perché conta su delle caratteristiche precise. La stabilità di un accordo criminale che dura nel tempo, la ramificazione, la capacità di infiltrazione in nuovi settori e l’internazionalizzazione. Soprattutto nel caso della ‘ndrangheta». La PM ha ribadito come, per combattere un sistema così ben organizzato, serva una risposta ugualmente ben organizzata e coordinata, anche nelle misure legali: «La mafia è un fenomeno a sé, che non può essere contrastato con strumenti ordinari». Sono molto importanti ad esempio, le misure di sequestro dei beni patrimoniali vigenti in Italia: «In moltissimi casi il carcere non basta come misura, non serve a tanto. Invece la confisca dei beni è davvero efficace, perché si va a togliere loro lo strumento principale. Se gli togli i soldi, gli togli il potere». E infatti, ha spiegato Cerreti, la ‘ndrangheta dispone di moltissimo denaro, «sono una Holding del crimine, una federazione», nella quale i legami della famiglia mafiosa coincidono perfettamente con i legami della famiglia naturale. Questo è un grosso punto di forza, ha sottolineato, «perché è difficilissimo scindere il sangue, è difficilissimo spingere a collaborare perché significa tradire la propria famiglia». La ‘ndrangheta sta cercando dove investire i grossi capitali di cui dispone, ha proseguito la PM, lo fa in tutto il mondo, anche in Svizzera, con sistemi all’avanguardia: «Hanno una grandissima capacità imprenditoriale, investono in bitcoin, sono laureati nelle migliori università, questo è il nuovo volto della mafia». E sicuramente il nostro è un Paese molto interessante per una Holding che cerca investimenti: «La Svizzera è vicina, possono riuscire a far passare armi, droga, riciclaggio di denaro e latitanti». E bisogna fare anche attenzione al reimpiego dei profitti, un punto molto importante per noi secondo Alessandra Cerreti, che ha spiegato come si debba fare molta attenzione a quell’area grigia di cui parlava la professoressa Astrologo. «In Svizzera le mafie investono moltissimo, facciamo attenzione a non diventare quell’area grigia». E ha portato l’esempio della diffusione delle organizzazioni criminali in nord Italia, ma non solo. Affermando, non senza qualche reazione di sorpresa in sala, che «ci sono persone che sono pronte ad accoglierli per fare affari con loro, non c’è nessun cancro che intacca un corpo sano. Ma bisogna ricordare a chi cerca questa Holding per fare affari, che stanno contribuendo a ripulire un denaro che puzza sempre di sangue. Ricordiamocelo quando decidiamo di stringere la mano a qualcuno».

L’evoluzione dell’articolo 260ter «organizzazione criminale»

In seguito, il giudice Roy Garré, presidente della Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale, ha approfondito l’art. 260ter del Codice penale svizzero, ripercorrendone l’evoluzione dalle origini a oggi e spiegando come si sia evoluto il concetto di reato collettivo, un’idea relativamente recente. Per molti anni, nel diritto classico, si è parlato di «reato individuale» e non si pensava di punire le persone che si associavano per commettere un crimine nella loro dimensione di gruppo. Il primo esempio di norma legale che reprimeva «l’associazione di malfattori» anche solo per l’intento di commettere crimini o delitti, è proprio nel Codice penale ticinese del 1873. Un caso unico quello del nostro Cantone, sicuramente dovuto all’ispirazione napoleonica, ma anche per via della diffusa piaga del banditismo. Il resto della Svizzera a quel tempo non ne sentiva ancora la necessità. Poi, tra la fine degli Anni ‘80 e l’inizio degli Anni ‘90, sono emersi i primi segni di preoccupazione, c’erano le avvisaglie del fatto che qualcosa stesse cambiando, ha spiegato Garré. Come le inchieste giudiziarie Pizza Connection e Lebanon Connection, la diffusione della droga anche nelle nostre città e i primi morti per eroina, mostrando quali fossero le vittime reali di questo sistema. Un altro fatto determinante è nel 1989 l’attentato fallito a Falcone nel quale hanno rischiato la vita anche due magistrati svizzeri presenti all’incontro con il giudice: Claudio Lehmann e Carla del Ponte. Questo, ha spiegato, ha dato uno scossone alla gente, mostrando come la mafia non fosse poi un fenomeno così lontano ed estraneo. Improvvisamente, la proposta di misure che ne contrastassero l’avanzare era ben vista, raccoglievano un grandissimo consenso. Si notava comunque il quel periodo, ha sottolineato Garré, che il Consiglio federale tendesse ancora a pensare che la criminalità organizzata fosse un fenomeno estero, più che svizzero. E infatti, ha proseguito, questo si riflette nella giurisprudenza: quasi tutte le sentenze di principio del Tribunale federale basate sull’applicazione dell’art. 260ter CP trattano dell’assistenza internazionale. Infine, sulla revisione vera e propria dell’art. 260ter CP, Garré ha spiegato che c’è stato un inasprimento delle pene: si rischiano ora fino a 20 anni di detenzione nei casi qualificati, e una distinzione esplicita tra crimine organizzato e terrorismo che è molto importante fare. Nonostante la riforma puntasse principalmente alla lotta contro il terrorismo, ha avuto degli effetti anche nella lotta contro il crimine organizzato, ha concluso.

FONTE:https://www.cdt.ch/news/ticino/in-svizzera-la-mafia-ce-e-investe-i-suoi-soldi-264140

TORINO: in tram senza biglietto ma essendo di COLORE pretende di sedersi....

 Ricevo e Pubblico:

"Caro MARCO, vivo per mia disgrazia a TORINO, una Città che come Milano  vive una situazione drammatica grazie ad una clandestinità prepotente. Ero sulla linea 27 sale sul bus una famiglia di colore, tutti senza biglietto, la signora di colore voleva sedersi ed il marito ha di fatto pretese che l'italiano seduto si alzasse per fare posto alla moglie. Senza biglietto e prepotente. Oramai la prepotenza e l'impudenza di questi CLANDESTINI, coccolati dal PD  e supportati dalla MELONI  è senza limite. Un abbraccio. Ferruccio."

Carissimo FERRUCCIO, uno  dei motivi per i quali sono felice di aver lasciato l'ITALIA  è questo, non dover assistere ad una sostituzione etnica, imposta da Soros & PD.

Marco

Migranti, riparte l'assedio delle Ong: vogliono rifilarci i clandestini

  Ormai è evidente: le ONG Tedesche & Vaticane hanno scelto l'Italia come approdo privilegiato  per tutti i clandestini del pianeta....